Alan Alpenfelt

Inaugurazione I AM HERE NOW
10 maggio 2014 – Biblioteca Cantonale di Bellinzona
Ore 14.10

Oggi vedo che molte persone sono venute all’inaugurazione della mostra di I Am Here Now. Questo mi rende molto felice perché significa che molte persone hanno trovato un motivo, anche personale, che li ha spinti a venire a curiosare e conoscere cosa si nasconde dietro al lavoro di creazione di questo grande progetto.

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In quanto ideatore del progetto, vorrei dirvi due parole sul processo del lavoro e come si è svolto.
Il risultato che vedrete e sentirete è il lavoro di due anni e mezzo, presto tre. Partendo da un ricordo di una ragazza che andava alle scuole elementari con me a Uetendorf nella Svizzera interna nel 1991 e che proveniva dalle guerre in Jugoslavia, mi sono chiesto dove fosse poi finita, oggi chi è e cosa starà facendo. O meglio, chi erano quei bambini che arrivavano nelle nostre classi con nomi strani e sguardi diversi e che malapena sapevano costruire una frase in italiano o in svizzero-tedesco o in francese. Subito diventavano i zimbelli su cui sfogarsi e presto girava la voce che erano degli slavi di merda. Beh, io della Jugoslavia non credo che avessi mai sentito parlare, almeno molto poco, fino a che scoppiò il conflitto e dopodiché le parole che associavo erano “guerra, comunismo, violenti, poveri, vecchiette con la sciarpa, e tutto sommato un generale nuvola grigia intorno a qualunque cosa riguardasse quel paese. Insomma, tutto quello che ci mostrava la Tv o si leggesse nei giornali.

Oggi a 30 anni mi accorgo che quella parola, Slavo, ha ancora attaccato molte etichette negative che a noi bambini ci hanno inculcato. A scuola, dai media, dagli adulti. E mi fa arrabbiare, esattamente come quando penso che ci hanno raccontato che Cristoforo Colombo era solo l’eroico scopritore dell’america e non un fanatico religioso pieno di ambizione e iniziatore di uno dei più grandi genocidi umani e culturali della storia.

Ho perciò voluto indagare e conoscere più da vicino queste persone che fino a due anni e mezzo fa erano da me e dalla mia “cultura” apparentemente ed erroneamente lontane. Ascoltando le loro storie ho scoperto un mondo fantastico, pieno di passione, arte, musica e letteratura. Certo, storie molto difficili e cariche di emozioni. Mi rendevo però conto che stavo scoprendo uno dei luoghi più importanti di questo continente e della nostra società e cultura: il nucleo d’incontro (e scontro!!) sia delle due grandi sfere economico-politiche, sia di tre delle più grandi e influenti religioni di questa terra ma anche la terra su cui sono passati tutti i più potenti imperi della storia. Tutte di lì, dalla Jugoslavia. Il caso degli eventi ha voluto che fosse lei a portare il fardello. Testimone vivente: il ponte sulla Drina.

E dunque ho deciso di portare le loro storie in pubblico, per noi. Prendere ogni storia personale e renderla universale utilizzando lo strumento di comunicazione per eccellenza: l’Arte. I racconti sono stati trasformati in storie audio e radiofoniche – l’Audio perché esso permette alla nostra mente di vagare liberamente senza costrizioni e distrazioni visive, soprattutto in un mondo claustrofobico di immagini. E la pittura astratta, perché aiuta e dona un fondamentale supporto all’immaginazione e permette di toccare le emozioni e le memorie dei racconti. Infatti, quadro senza storia o storia senza quadro perde il senso, uno è complementare all’altro. Osservate e guardate i quadri non con un giudizio estetico, se vi piacciono o no, ma lasciate che vi offrono una finestra per addentrarvi in un mondo più profondo. Essi sono le libere interpretazioni di Ravi Tironi, un pittore con un grande senso di umilità e che con molto coraggio, (perché per permettersi di abbozzare l’illustrazione dell’anima delle persone ce ne vuole molta) e una tecnica molto particolare, ci offre questo indispensabile supporto visivo. Lasciatevi catturare da ogni tratto, colore, forma, incisione, trasparenza e permettetevi di viaggiare con la mente.

La musica che sentirete nelle storie sono le composizioni di Jakob Ullmann, compositore tedesco cresciuto nella Germania dell’Est e oggi insegnante presso l’università di Basilea. I sottofondi delle storie sono degli estratti e selezioni dalla sua opera Fremde Zeit – Addendum, Solo I + II + III composte da Fagotto, Oboe e organo. I pezzi sono dei lunghissimi droni, tessuti sonori che circolano come vento attraverso i tunnel d’aria dell’organo. Le variazioni sono minime e composte da complesse gradazioni armoniche.
La musica che si crea è estremamente lontana, sembra che si espande senza attrito ma allo stesso tempo è recluso e confinato ad uno spazio, fatto di immensità, vuoto, costante. Sembra quasi una musica che non va da nessuno parte e si concentra senza mai comprimersi.
L’ho voluta perche le storie che ho sentito sono ancora storie aperte, in cerca di un finale o anche una direzione, sono dei vasi di pandora aperti e se, l’eco mediatico ci ha messo sopra una pietra e il conflitto è stato chiuso e concluso, in realtà il conflitto continua, aleggia, sembra quasi una costante che non vuole o non può andarsene. Chiaramente non è musica allegra che si sentirà, ma neanche triste o infelice. è qualcosa a metà, è una musica sospesa.
Infine il teatro, ovvero la produzione del bellissimo testo I Quaderni di Nisveta di Elvira Mujic, oggi residente in Italia, che abbiamo messo in scena al CinemaTeatro di Chiasso l’anno scorso in maggio per l’VIII edizione di ChiassoLetteraria.

Insomma, scoprendo un mondo di persone si è creato un mondo di storie.
Per quale motivo siamo qui e perché è stato necessario creare questa mostra?
Il motivo è che noi tutti, qui presenti, siamo dei sopravvissuti. Esistiamo, respiriamo, viviamo perché i nostri genitori ci hanno dato questa opportunità. Lo hanno fatto perché loro stessi sono sopravvissuti a qualche cosa, che fosse la nascita, l’adolescenza, le vicissitudini della loro vita. Viviamo perché durante la nostra vita, siamo arrivati fin qui avendo affrontato le miriadi di accadimenti che ci hanno modellato e scolpiti. Alcuni hanno dovuto passare eventi particolarmente tragici, quasi impossibili da gestire, altri meno.
Io ho 31 anni e non mi sono capitate cose particolarmente difficili, a parte il bullismo a scuola perché ero straniero e quello nel calcio perché ero una schiappa in porta. Ma mio padre è sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti e a dei periodi di estrema povertà e di fame durante il suo vagabondaggio per l’Europa del dopoguerra. E così grazie a lui, io esisto, vivo e respiro.
E dunque cosa ci accomuna, noi che siamo qui presenti? Cittadini svizzeri, ticinesi, cittadini naturalizzati, anziani e giovani di varie età, croati, serbi, bosniaci, poi tra di voi vedo anche portoghesi, argentini, italiani, svedesi, siriani, inglesi, … cosa accomuna noi sopravvissuti?

Che possiamo essere molto orgogliosi, ognuno di noi, di avere una importantissima storia da raccontare e che ognuna di esse crea il mondo in cui viviamo. Soltanto conoscendo, comprendendo ed accettando la storia personale degli altri, le loro paure, le loro gioie, le loro incomprensioni e i loro desideri, possiamo noi vivere serenamente, felici, senza timori o fobie e apprezzare appieno il nostro personale percorso all’interno di questo mondo.

Non voglio fare della morale, semplicemente è come la vedo io. Ed è il motivo per cui lì dentro troverete le storie di persone che sono testimoni delle piû grandi difficoltà della vita: la ricerca di una identità, l’esperienza con la morte, con la fame, con la paura, con la fuga e la perdita della propria casa, delle proprie certezze e dei sogni, con l’impossibilità di ritornare, con la costruzione di una nuova vita, con la rabbia e l’incomprensione, con il razzismo, continuo, ma anche con le più grandi soddisfazioni che queste difficoltà hanno dato: ritrovare la possibilità di amare, fare arte, lavorare, studiare, affermarsi, godere di una identità e di una libertà e molti di loro, e spero un giorno tutti, con la creazione di una o più nuove vite (e parlo di questo…).

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Per concludere, vorrei esprimere il mio profondo e sincero ringraziamento e riconoscenza alle seguenti persone, istituzioni e fondazioni che hanno permesso l’esistenza di questo giorno.
In ordine di eventi cronologici:

Ringrazio …

– Il festival di ChiassoLetteraria e i suoi organizzatori, in particolare Franco Ghielmetti, Marco Galli e Nicoletta Bernasconi per aver accolto le fasi iniziali di questo progetto.
– Andrea Banfi del Dicastero attività sociali, chiasso culture in movimento e Lucia Ceccato, che oggi non è qui perché è a casa accanto alla sua piccola neonata
– Tiziana Mona, che ha voluto e permesso l’ampliamento del progetto in Ticino e (si spera) in Svizzera
– Theo Mossi ed il direttore Vassere della Biblioteca Cantonale di Bellinzona che hanno deciso di ospitare la mostra per un mese intero
– La RSI Rete Due, sezione Prosa che ha permesso e ha prodotto le storie, in particolare Francesca Giorzi che mi ha concesso grande libertà di movimento e di scelta e mi ha dimostrato che esiste ancora una radio che ha a cuore la cultura, l’arte e le persone che ascoltano e non il mero interesse economico che così tanto ha distrutto la bellezza della radio. E Thomas Chiesa che con tanta sensibilità e ascolto ma anche rigore e precisione ha costruito le storie insieme me.
– La fondazione svizzera per la radio e la cultura che crede e sostiene i miei progetti e mi rende orgoglioso di quello che faccio
– La repubblica e cantone Ticino – fondo swisslos, che sostenendo dimostra che il territorio e la società in cui viviamo ha, anche di fronte a decisioni che potrebbero sostenere il contarrio, a cuore la cultura e i problemi sociali
– La città di Bellinzona e la signora Perini che hanno felicemente accolto la mostra e permesso la sua promozione.
– Percento culturale Migros
– La fondazione Ernst Göhner
– Flavia Cereghetti che mi ha aiutato ad affrontare le storie con equilibrio e serietà
– Ringrazio il team di Cult Tv Rachelle Bianchi Porro e il cameraman Giotto e quello de Il Ponte, ….
– Ringrazio Radio Gwendalyn e Nucleo Meccanico
– Ringrazio amici e famiglia per essermi stati vicini
– Un forte forte grazie va a Milica che ha accettato di percorrere insieme questo tragitto e contribuendo moltissimo alla qualità delle storie e al senso generale della mostra.
– Grazie ad Alfio Mazzei e Olivia Blum che hanno creato tutta la grafica del progetto
E infine
– Tutte le persone che mi hanno accolto nella loro casa e hanno condiviso una piccola parte della loro vita